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Quel bravo ragazzo
Già nell'introduzione si è sottolineata una delle principali caratteristiche del Coro Monte Alto A.N.A. Rogno, ossia la presenza di elementi giovani che si confrontano con i fondatori del Coro, persone che in alcuni casi hanno vissuto l'esperienza della guerra direttamente, vivendo quelle situazioni che spesso sono l'oggetto delle canzoni che come menestrelli andiamo raccontando nelle piazze, nei teatri, e nelle chiese di tutta l'Italia.
Nella serata del Venerdì mi reco alla sede del coro per la settimanale sessione di prove, spesso il mio sguardo si perde nel viso delle persone che stanno al mio fianco.
Ognuno di noi conduce vite e lavori diversi. In alcuni casi più di cinquant'anni dividono le nostre strade, che chissà da quale direzione provengono e quale via stanno imboccando, ma che misteriosamente si incrociano e si fermano in quella precisa ora del Venerdì sera.
Cosa accomuna l'anziano pensionato con il giovane studente, l'elettrauto ed il postino il geometra ecc. ..
Il desiderio di evadere per qualche momento dai problemi quotidiani e la passione per il canto alpino sono gli ingredienti di questo eterogeneo eppur riuscito gruppo di simpatici "ragazzi", che si confrontano e si divertono a prescindere dall'età e dall'estrazione culturale e professionale.
Tenori "contro" tenori secondi, baritoni "contro bassi" in un infantile gioco a guardie e ladri alla ricerca dell’unisono, per far sì che quelle benedette quattro note dei reparti si fondino e diano vita ad armonie che raccontano dolci sapori della nostra terra o storie amare dei limiti umani, ma pur sempre musica e quindi arte.
L'affiatamento del gruppo è fondamentale e talvolta tracima dal difficile esercizio canoro e diventa confidenza di vita privata, storia di qualcuno che aiuta a riflettere e pertanto aiuta a crescere.
È chiaro che le vicende più affascinanti e ricche di contenuti sono quelle che si ascoltano dagli "anziani del gruppo", che, seppur con gran riservatezza, si addentrano in ricordi di vita vissuta che hanno dell'incredibile e sembrano così lontani dai nostri tempi.
Paradossalmente i corsi e ricorsi della storia riportano pesantemente i drammi delle guerre e dei conflitti tra i popoli ai giorni nostri, ed allora quella che sembra archeologia ritorna ad essere attualità.
Sentite questo spaccato di vita dello "zio", il corista modello per impiego e presenze alle prove ed alle manifestazioni, e che grazie a quel viso da "simpatico ragazzo" riesce a nascondere i sentimenti e le paure provati in alcuni momenti.
Nel 1941 durante la fase di piena espansione della guerra, lo zio è inviato in Grecia, dove rimane sino al Gennaio del 1945.
La Germania capitola sempre nello stesso anno e lui si trova a Ljubljana, dove un commando locale durante un rastrellamento fa prigioniero lui ed un migliaio d’italiani. Sono condotti a piedi sino a Sarajevo percorrendo sentieri e prati per circa ottocento chilometri (dice lo zio "una camminata di 40 giorni senza mangiare praticamente nulla").
Chi si ferma: è eliminato, così che la carovana possa continuare.
Rimangono prigionieri a Sarajevo per 20 mesi sino a quando, grazie ad un collegamento con abitanti di Trieste, riesce a comunicare i nomi di tutti i prigionieri rinchiusi in quelle carceri.
Vengono liberati ed imbarcati su una nave che li porta a Brindisi nel Dicembre del 1.946. Partito col peso di 72 chili, fa ritorno a casa senza essere in un primo momento riconosciuto dai parenti, poiché ciò che tornava a casa era un uomo irriconoscibile del peso di 39 chili.
La serenità e l'apparente tranquillità con cui strappo questi fatti allo "zio", mi commuovono e mi fanno ancor più apprezzare la partecipazione al coro ed il simpatico gruppo che lo compone.
Un corista